Il Riccio, un ospite dei nostri giardini.

 

E’ in una mattina di settembre tranquilla e fresca che mia madre entra nel mio studio con una scatola di cartone in mano, dicendomi: “Guarda cosa ho trovato in orto!” Basta uno sguardo alla bestiola per strapparmi un sorriso: è il più piccolo, simpatico riccio che mi sia capitato di vedere in tanti anni! E’ lungo solo una quindicina di centimetri, scuro e lustro come la liquirizia, ricoperto da una fitta coltre di aculei che lo fanno assomigliare incredibilmente ad una pallina antistress riuscita male. Dopo qualche minuto d’attesa, la pallina di spine inizia a svolgersi e due occhietti neri e miopi fanno capolino da sotto una frangetta di aculei. Basta un mio movimento un po’ brusco, e - hoplà! Gli occhietti sono scomparsi di nuovo all’interno della pungente sfera.

Solo in giardino, tra l’erba fresca, il piccolo decide che può permettersi di dare un’occhiata al mondo, e si svolge, giusto il tempo per permettermi di scattare qualche foto. Poi i miei cani lo avvistano e si avvicinano curiosi, ma lui decide di non potersi fidare del tutto del loro inopportuno interesse…. E ritorna ad essere una pallina di spine.

 

 

Il Riccio (Erinaceus europaeus)  è forse tra gli Insettivori più visibili del nostro Paese. Vive nei boschi, nei prati, nelle siepi, ma può prendere possesso anche dei giardini urbani. Come ogni Insettivoro deve alimentarsi in maniera estremamente abbondante tutti i giorni per poter sopravvivere. Si nutre di Invertebrati di ogni genere, ma anche di uova, piccoli roditori, rettili e anfibi. E’ un animale principalmente notturno, ma non è impossibile trovarlo attivo di primo mattino o di pomeriggio, specie nel folto degli arbusti o delle siepi. All’inizio dell’estate la femmina prepara in un luogo riparato (sotto una catasta di legna, un intrico di rovi, ecc..) un nido ovale di foglie secche in cui partorirà, tra giugno e settembre, fino a cinque piccoli, che rimarranno con lei alcune settimane. Al finire dell’autunno i Ricci andranno poi in letargo per risvegliarsi in primavera. Da noi non era improbabile trovarne qualcuno profondamente addormentato sotto i covoni di fieno, in inverno; nei giardini urbani a volte si rifugiano tra i cumuli di foglie morte.

L’uomo è da sempre un pericolo, per questi piccoli Mammiferi.  In passato, Il riccio era considerato una vera prelibatezza nella cucina povera delle nostre campagne; ancor oggi il nome dialettale che si usa dalle mie parti per questo animale, “porseétto risso” (porcellino-riccio) rispecchia l’utilizzo… culinario di queste bestiole. Oggigiorno, scampati i pericoli della cucina, questi ospiti dei nostri giardini hanno trovato nell’uomo nuovi pericoli. Il primo è rappresentato da strade e automobili, che operano una vera e propria carneficina a scapito di questi animali: infatti, il Riccio che attraversi una strada di notte se investito dai fari di un auto non tende a scappare, ma ad appallottolarsi… finendo così con l’esser travolto dal mezzo meccanico. Il secondo, più insidioso, è costituito dal cambiamento subito dalle nostre campagne negli ultimi decenni: l’agricoltura tradizionale viene inesorabilmente soppiantata da  quella ipertecnologica, con la conseguenza che molti elementi tipici del nostro paesaggio agrario, come le siepi (habitat di elezione per il Riccio e per molti altri animali), vanno via via scomparendo. Allo stesso tempo, l’uso di insetticidi nelle colture agricole avvelena sempre più questi Insettivori.

 

 

Un primo aiuto per i Ricci può venire proprio da noi: se sappiamo che un riccio frequenta il nostro giardino, lasciamo qualche angolino incolto, perché possa farvi qualche incursione a caccia di Insetti; in secondo luogo, accatastiamo qualche tronchetto di legno, qualche vecchio ceppo e delle foglie morte in un angolino riparato:  il Riccio potrebbe stabilirvisi. Se mai doveste trovare un Riccio ferito, contattate il più vicino centro di recupero per selvatici. In alcuni paesi europei esistono persino strutture dedicate esclusivamente a questi animali!

Il piccolo Riccio trovato da mia mamma non poteva restare nell’orto: troppi pericoli potenziali (i cani, le auto, le galline…). Da qui la scelta di portarlo in campagna, nel caldo sole di mezzogiorno, e di liberarlo presso la mia siepe, dove potrà continuare a fare, libero, la vita della…pallina antistress troppo spinosa!

 

 

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