Ode alla Gallina di Polverara

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Primo piano di un gallo di Polverara. Esemplare del Sig. Francesco Pianta

 

Gli occhi sgranati dei bambini scivolano sul mantello pezzato di un pony, come sul piumaggio variopinto dei fagiani. Mani nodose e solcate di rughe profonde accarezzano il dorso di un cavallo, o le piume sericee delle oche. La tradizionale fiera del bestiame di Dolo, in provincia di Venezia, che da sempre ogni 16 agosto è occasione di ritrovo per il mondo agricolo di queste zone, si unisce alla sagra del paese e si snoda attraverso le vie della città, attirando persone di ogni ceto ed estrazione sociale proprio come di notte una lampada attirerebbe le falene. I banchi degli artigiani del legno si mescolano a quelli dei prodotti tipici e delle piante ornamentali, dividendosi con essi le attenzioni della folla incuriosita, mentre enormi trattori e macchinari agricoli troneggiano sulla strada accanto a botti per il vino e bancarelle di vestiti. La pioggia, a tratti sottile, a tratti scrosciante, di questo anomalo mercoledì d’agosto non sembra turbare minimamente le persone, che affollano la fiera alla ricerca dei suoi veri protagonisti: gli animali. E loro, tranquilli e non troppo silenziosi, attendono lì, sotto gli alberi dei vicini giardinetti, godendosi la brezza fresca e riparandosi dai più irruenti rovesci di questa giornata piovosa. Io e la mia fidanzata, Roberta, ci fermiamo incantati a guardare un rito antico, la trattativa per l’acquisto di un torello. Non ci sono contratti, qui, non ci sono firme da fare: venditore ed acquirente si fronteggiano, con le mani dietro la schiena. Il mediatore, in piedi tra i due, espone le offerte dell’uno e dell’altro, quindi propone un prezzo e tenta di prendere le mani degli uomini e di unirle in una stretta efficace. Se una delle due parti non lo trova adeguato, la mano si divincola da quella del mediatore e torna a nascondersi dietro la schiena del suo proprietario. Ad affare concluso, la stretta di mano suggellerà l’accordo, come un contratto irrevocabile e insolvibile. Non serve altro, in questo mondo agricolo ricco oltre che di fatiche anche di fascino e di onore. Superiamo una fila di asinelli grigi, dai grandi occhi liquidi e dolci, e ci dirigiamo in uno spiazzo dove un gruppo di gabbie disposte a cerchio ospitano una serie di coppie di polli, differenti per varietà, taglia, forma e colore. Roberta si gira e me ne indica una. “Guarda queste, Andre: sembrerebbero quelle che stai cercando, vero?” Ha ragione; la descrizione, trovata su un sito internet, calza a pennello. Il gallo che abbiamo di fronte è candido, con qualche sfumatura color crema sul collo. La testa è adorna di un ciuffo di penne, che gli conferiscono l’aspetto di un soldato romano con addosso un elmo che abbia visto tempi migliori. Al posto della cresta, due cornetti rossi, a “V”, sovrastano il capo dell’animale. La gallina che gli è vicina gli somiglia in tutto e per tutto, solo che manca di cresta e di coda a falcetto. Sembrano davvero essere loro quello che stiamo cercando, ma per sicurezza non ci resta che chiedere al padrone degli animali. “Mi scusi, per caso ha delle galline Polverara?”. L’uomo, il sig. Dario Ravazzolo, allevatore amatoriale, mi squadra e risponde che sì, certo, ha ancora delle galline Polverara. Gliene sono rimaste tre, una coppia bianca ed una femmina nera. Quando ci porta da loro, scopriamo di aver azzeccato i nostri pronostici: sono proprio gli animali che avevamo adocchiato fin dal principio. Nemmeno a dirsi, prendo tutti e tre gli animali. Mentre mi mette in mano il recalcitrante galletto, perché io possa esaminarlo, mi dice: “Le galline Polverara non sono mica polli che si incontrano tutti i giorni… sono qualcosa di speciale, per amatori”. Ed ha assolutamente ragione.

 

 

 

A sinistra: tipica gallina di Polverara della varietà nera. Esemplare del sig. Dario Ravazzolo.

A destra: questo gallo in muta ha un aspetto forse un po’ patetico, ma con la primavera…  Esemplare del sig. Dario Ravazzolo.

 

Per molti versi, le galline Polverara sono qualcosa di unico. Rappresentano in maniera meravigliosa quella biodiversità che caratterizzava il panorama rurale ed agrario del nostro Paese nei secoli scorsi, ricco com’era di razze e varietà locali dalle caratteristiche peculiari. Questi volatili, dal portamento fiero, erano allevati in piena libertà: rimanevano fuori tutto l’anno, pur continuando a produrre uova anche durante l’inverno, ai cui rigori sembravano essere ben resistenti. Si diceva addirittura che la loro carne avesse assunto il classico colore scuro perché amavano banchettare con le ghiande degli alberi di rovere, un tempo diffusi nelle campagne… Tanto i  maschi quanto le femmine sfoggiano un vistoso ciuffo di penne sulla testa, simile ad una spazzoletta o al cimiero di qualche elmo antico. Un tempo diffusa in svariate colorazioni, ora sono considerati attinenti allo standard solo la colorazione nera e quella bianca.

Le origini di questa razza avicola, nota localmente anche come S-ciata, risalgono a molti secoli fa. Alcuni la fanno risalire ai discendenti di quei polli dal ciuffo che il  Marchese Giovanni Dondi dell'Orologio, nel XIV secolo, portò dalla Polonia nella sua tenuta di Padova. Di certo queste galline già nel 1400 venivano allevate dai contadini di Polverara, un comune situato a pochi chilometri da Padova, ed è del 1560 la prima citazione letteraria di questi animali: Bernardino Scardeone, nel suo “Historia de urbis patavi antiquate”, faceva cenno alla grandezza dei polli di Polverara. E nel 1622 Alessandro Tassoni, nel suo “La secchia rapita”, descriveva questo paese come “il regno dei galli”. Ma la gallina di Polverara non era destinata ad aver vita facile: incroci incontrollati la stavano privando delle sue caratteristiche peculiari e già alla fine del XIX secolo stava scomparendo. Ne erano rimasti non più di 3 esemplari, quando gli sforzi del Cav. Uff. Luigi Camillotti, del Dott. Antonio Barettoni e dell'Ing. Antonio Zanon si unirono nel tentativo di salvare questa razza. La gallina di Polverara sembrava poter tornare a sperare, quando ci si trovò di fronte ad una nuova battuta d’arresto, dovuta a due caratteristiche “scomode” di questi volatili. E’ il sig. Ravazzolo a spiegarmelo. “In primo luogo, questa razza raggiunge la piena maturità tardi, solo verso gli otto o nove mesi d’età; in più, si tratta di animali dall’indole selvaggia e fiera, difficilmente adattabili alla vita di batteria. Sono sempre state allevate all’aperto, libere: basta pensare che non dormono volentieri nei pollai, ma che si appollaiano sugli alberi quando ne hanno la possibilità. Sono abituate a razzolare sotto i vigneti, lungo le siepi, in campagna, e non vivono bene nei capannoni.” Interessi economici finirono col favorire le galline di razza Livornese, più adattabili agli allevamenti intensivi. Di nuovo, lo spettro dell’estinzione aleggiava sulle nostre S-ciate: nel giro di pochi anni l’ammontare dei capi si ridusse a soli sette esemplari. E’ a questo punto che alcuni allevatori, tra cui Bruno Rossetto e Antonio Fernando Trivellato, iniziano a lavorare sulla ricostruzione della gallina Polverara, partendo dagli esemplari superstiti e cominciando una paziente e certosina opera di incroci mirati a ristabilire l'antico standard. Il sig. Trivellato si adoperò pure per far riconoscere alla razza la dignità che le spettava, interagendo con le istituzioni locali le quali riuscirono poi a farla inserire in un piano comunitario in grado di stanziare fondi per la sua salvaguardia. Così ora la gallina Polverara è riprodotta in almeno cinque grandi allevamenti, per un totale di oltre duemila capi, e da questi è stata affidata ad altre realtà agricole, anche a conduzione familiare, affinché possa tornare a diffondersi nei pollai della zona.

Oramai il dado è tratto, e il mio interesse nei confronti dell’animale aumenta sempre più, soprattutto dopo l’ambientamento dei tre esemplari nel mio pollaio. Devo però aspettare diversi mesi, prima di un nuovo incontro ravvicinato con questa razza.

 

 

 

A sinistra: …con la primavera il galletto è tornato al suo originario splendore. Esemplare del sig. Dario Ravazzolo.

A destra: giovane gallina di Polverara, varietà bianca. Esemplare del sig. Francesco Pianta.

 

Dicembre, mese in cui Polverara dedica alcuni giorni di festa al suo più celebre volatile. Decido di andare a visitare la fiera, ma vorrei fare qualcosa di più. Provo a contattare un allevatore di questa razza, che mi concede, con estrema gentilezza, un po’ del suo tempo.

Arrivo alla sua casa di primo mattino. L’aria è densa dei richiami dei galli, che si inseguono nell’aia in tre grandi recinti. Un mare di lustri esemplari bianchi e  neri, qualche centinaio, scorrazza nell’erba. Sembra che qualcuno abbia riversato nel prato i pezzi di decine di gigantesche scacchiere, e che questi abbiano poi preso vita.

Francesco Pianta mi accoglie con un sorriso, e subito iniziamo a parlare della sua passione per questi avicoli.

“In effetti sono entrato in contatto con questi animali un po’ per caso, un po’ per desiderio e… sì, un po’ anche per le radici della mia famiglia”, racconta. “Un giorno nel cassetto di un vecchio mobile ho trovato degli attestati di partecipazione di circa cent’anni fa, che dimostrano come la mia famiglia, assieme ad un’altra del paese, partecipasse a mostre nazionali ed internazionali di avicoli da esposizione. Gia allora questa razza era poco comune!”

 

 

 

A sinistra: il sig. Francesco Pianta con due dei suoi splendidi galli.

A destra: uno degli attestati di partecipazione della famiglia Pianta alle competizioni di avicoli, più di un secolo fa!

 

Insomma, un vero e proprio amore plurigenerazionale?

“Sì, è stato proprio l’amore per questi animali a farmi intraprendere di nuovo l’allevamento della razza, oltre al desiderio di mantenere vive quelle tradizioni della nostra terra che stanno scomparendo”, continua il sig. Pianta. “Ho ricominciato ad allevare la S-ciata in purezza circa 4 anni fa; prima c’erano nelle campagne numerosi incroci, che presentavano caratteristiche non desiderabili. Alcuni avevano un piumaggio colorato, altri le piume sulle zampe, altri ancora erano di taglie molto diverse fra loro. E’ stato grazie all’opera di selezione del sig. Trivellato che adesso si possono vedere esemplari con caratteristiche uniformi, anche se non mancano delle eccezioni a causa del ridotto numero di animali con cui si è stati costretti a partire nella selezione. Anche negli allevamenti odierni infatti tornano a mostrarsi a volte dei caratteri indesiderati, come le piume sulle zampe, l’assenza di ciuffo o al contrario la presenza di un ciuffo troppo grande, simile a quello delle Padovane”. Ma questi uccelli sono molto diversi dalle galline comuni?

“Diciamo che hanno alcune caratteristiche particolari. Sono animali tranquilli, non diversi dagli altri polli per carattere. Ecco, una loro caratteristica peculiare è quella di cercare sempre di andare a dormire in alto. A lasciarglielo fare, dormirebbero volentieri sui rami degli alberi. Le galline non producono uova tutti i giorni, ne fanno circa 150 all’anno. Non sono poi delle gran covatrici: in primavera, col sopraggiungere del caldo, solo una su dieci diventa chioccia ed intraprende la cova. Rispetto agli ibridi commerciali, questa razza matura più tardi: occorrono circa 8-10 mesi per portare un animale da pulcino ad adulto, mentre per un pollo “comune” ne bastano 5”.

Mi sorge spontanea una curiosità: le galline che ho davanti sono tutte bianche o nere, ma allevate insieme. Per la riproduzione vengono divise?

“Sì, bisogna tener separati i colori, per mantenere la purezza delle due varietà. Dall’incrocio di una bianca ed una nera potrebbero nascere polli bianchi, neri o macchiati.  Un tempo esistevano, pare, anche altre varietà di colore; qualcuno adesso sta provando ad ottenerle ancora tramite incroci.”

Già, si torna a parlare di selezione. Ma con un numero così ristretto di esemplari da cui partire, si sono visti dei peggioramenti nella qualità degli animali a causa del fenomeno dell’imbreeding

 

 

 

A sinistra: giovane gallo nero di Polverara, allevato a terra. Esemplare del sig. Francesco Pianta.

A destra: magnifico primo piano di gallo bianco di Polverara. Esemplare del sig. Francesco Pianta.

 

“In effetti la taglia degli animali è andata calando sempre più. Se quattro anni fa un gallo poteva raggiungere i 3 kg ed una gallina i 2, ora gli animali si attestano su pesi che vanno dai 2,7 kg per i maschi e 1,7 kg per le femmine. La nostra speranza è che col progetto COVA si possa riuscire a migliorare il pool genetico di questa razza.

Il progetto COVA, che esiste da svariati anni, è promosso dall’Istituto zooprofilattico dell’università di Padova e mira a conservare alcune razze locali tipiche della nostra regione, tramite un programma di incroci mirati tra animali provenienti da allevamenti diversi. La gallina Polverara è entrata nel progetto circa due anni fa, ma solo l’anno scorso è stato possibile analizzare il corredo genetico degli esemplari presenti nei 5 allevamenti che fanno parte di questo circuito – il mio, altri tre appartenenti a privati e quello di un istituto  di Veneto Agricoltura di Feltre. Il risultato è stato abbastanza buono, e di sicuro meno preoccupante di quello che ci si sarebbe potuto aspettare: nonostante il piccolo numero di capi iniziali, la razza presenta ancora una discreta variabilità genetica.

Per ogni colore vengono selezionate dai singoli allevamenti tre gruppi di riproduttori, all’interno dei quali di anno in anno, tramite screening genetico, vengono isolati i maschi che verranno poi scambiati con altri allevatori per gli incroci”.

Davanti ad una tazza di caffè fumante, io e Francesco continuiamo a parlare. Mi racconta della fiera, del libro che la proloco di Polverara  ha realizzato su questi animali, dell’attività del Comune e del Sindaco Olindo Bertipaglia. Usciamo ancora, e davanti al recinto in cui i polli razzolano contenti, amoreggiando spudoratamente e azzuffandosi tra loro (ogni tanto!), ci ritroviamo  a parlare delle testuggini d’acqua europee (Emys orbicularis), e lo scopro appassionato conoscitore anche della nostra fauna minore.

Dovrei andare alla fiera, ma, in verità, me ne manca la voglia. Lascio la casa di Francesco a malincuore.

La fiera del paese è grande e bella. Ci sono stand gastronomici con prodotti tipici, altri invece sono dedicati alle energie alternative ed al risparmio energetico, e alla fine trovo la parte dedicata agli animali.

 

La copertina del libro che il comune di Polverara ha dedicato a questi avicoli.

 

Le galline di Polverara esposte sono belle, lustre come la malachite o candide come gigli. E le altre varietà esposte, dalla moroseta alla padovana gran ciuffo, fanno bella mostra di sé, assieme ad animali più esotici come gli struzzi. Ma, nonostante gli animali siano tutti splendidi, sanissimi, tranquilli, a vederli in queste gabbie da esposizione mi viene spontaneo paragonarli con gli animali che ho visto da Francesco, razzolanti tra i ciuffi d’erba e il fango delle ultime piogge dicembrine. Perciò non stupitevi se vi dico che, alla fine, le due gallinelle di Polverara che da quel giorno si sono aggiunte al mio trio di esemplari non vengono dalla fiera, ma dal suo pollaio.  

 

Ah, dimenticavo…

La primavera mi ha portato qualche piccolo regalo…

 

 

I pulcini di gallina Polverara mostrano già subito dopo la nascita un cenno dell’inconfondibile ciuffetto.

Esemplari… miei!

 

Per chi desiderasse contattare l’allevatore Francesco Pianta, potrà farlo all’indirizzo: francescopianta@libero.it

 

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